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Nelle pagine sottostanti torna ad essere visibile l'interessante articolo che riassume l'epica impresa della Campagnola...!

La gara



Parlare degli eventi sportivi a cui la Campagnola ha partecipato durante la sua vita, significa naturalmente parlare della accanita competizione esistente tra le due più grandi industrie automobilistiche italiane del XIX secolo.

La nota e storica necessità dell’Esercito Italiano di ottenere un veicolo da ricognizione 4x4 capace di prestazioni fuoristrada, aveva spinto la Fiat prima e subito dopo l’Alfa Romeo a studiare una vettura che corrispondesse alle caratteristiche richieste creando quasi contemporaneamente la “Campagnola” e la “Matta”.

L’Alfa Romeo “Matta”, prodotta a Pomigliano, stava già facendo parlare di sé e delle sue straordinarie prestazioni e lo avrebbe ancora fatto per molto tempo, impegnandosi in difficili test da stress e di durata, tanto che a Torino, alla Fiat, L’occasione della vittoria della Jeep con a bordo il pilota Paolo Butti al Rally Africano, fece da spunto per organizzare in tutta fretta una sfida per allora quasi impensabile e che ancora oggi si dimostrerebbe davvero impegnativa da realizzare per le condizioni climatiche e politico-sociali: il Raid Algeri-Capetown e ritorno, ovvero la traversata da Nord a Sud dell’intero continente Africano.

La Campagnola non aveva compiuto ancora il suo primo anno di vita quando la Fiat decise di impegnare due vetture di questo modello in questa Transafricana, per dimostrare la validità e la resistenza del mezzo.

Furono allestite per questa occasione negli stabilimenti Savio, due autovetture di serie, una per il viaggio di andata, l'altra per tentare il record nel ritorno, modificate esclusivamente nella carrozzeria per la protezione dalle intemperie e per rendere più confortevole il viaggio agli occupanti, tramite un antesignano hard top in lamiera con due vetri fissi laterali, le portiere incernierate anteriormente, lo sbalzo posteriore leggermente aumentato. Furono aggiunte inoltre particolari dotazioni come tre fari supplementari, una bagaglieria per aumentare la possibilità di carico e di quanto necessario per il viaggio, taniche di carburante, attrezzi e ricambi compresi. Considerando anche il materiale per le riprese cinematografiche venne aggiunto alla Campagnola anche un rimorchio.

Queste due macchine con targa TO 127012 e TO 127013, con l’equipaggio composto da Domenico Racca, pilota collaudatore della Fiat, dal pilota sportivo Paolo Butti accompagnato dalla moglie Maria Teresa ed infine da Aldo Pennelli, operatore cinematografico della INCOM, attraversarono l’Africa due volte, stabilendo il nuovo ed ancora oggi imbattuto record di percorrenza di questa via. Il precedente record di percorrenza di 13 giorni, 15 ore, 45 minuti era detenuto da Loos e Barney.

Il viaggio di andata, iniziato il 25 novembre 1951, nel corso del quale l’equipaggio segnalava via telegrafo a Torino gli inconvenienti incontrati lungo il percorso e le eventuali modifiche da apportare al veicolo, si conluse il 14 gennaio 1952 dopo 15.000 Km. Durante l’andata fu stabilito il record di percorrenza del Sahara per una vettura con rimorchio, in 6 giorni e mezzo per 3.800 Km.

Racca e Butti a questo punto salgono sulla seconda Campagnola,(TO 127012) messa a punto in base alle loro indicazioni e fatta arrivare a Capetown via nave e prendono il via sulla rotta del ritorno il 21 gennaio 1952.

Il 1 febbraio del 1952, esattamente dopo 11 giorni, 4 ore e 54 minuti, i due protagonisti arrivano finalmente ad Algeri infrangendo con ampio margine il record precedente, riuscendo inoltre a conquistare un primato ancora oggi imbattuto.

Durante il lungo ed impegnativo viaggio il fuoristarda italiano affrontò una serie di incredibili difficoltà ambientali, come ad esempio la traversata del massiccio dell’Hoggar, dove la Campagnola rimase intrappolata per diverse ore all’interno di un guado rivelatosi molto più impegnativo del previsto. Senza alcun aiuto esterno racca e Butti riuscirono a disincagliare il veicolo grazie ad alcuni martinetti presenti nelle dotazioni di bordo e alla costruzione di un ponte di fortuna costruito con alcune rocce rinvenute ai bordi della pista.

Il diario della gara

Lunedi 21 gennaio 1952

 

Alle 6.00 del mattino Butti e Racca lasciano Città del Capo alla volta di Algeri. Volutamente non hanno informato Torino della partenza. Preferiscono dare notizie quando saranno ad 1/3 del percorso. Raggiungono Joannesburgh alle 23,15, dopo avere percorso 1.474 chilometri e presso un distributore cambiano l'olio al motore. La macchina funziona bene. Il percorso è per buona parte asfaltato e hanno tenuto una media più alta del previsto (96,60 Km/h anziché 90). Sono entusiasti, si sentono in buona forma fisica e proseguono. Si alternano alla guida, le ore di sonno sono ridotte al minimo indispensabile. Dopo Pretoria comincia a piovere e le strade alternano tratti fangosi a tratti asfaltati.

 

 

Martedi 22 gennaio 1952

 

Alle 7.00 raggiungono il posto di confine fra Sudafrica e Rhodesia Sud. Superano velocemente la dogana grazie ai moduli necessari compilati in precedenza ma, poco dopo, si presenta il primo problema che, a causa del carburante sporco, fa perdere due ore sulla tabellla di marcia. A 10 Km da Victoria Falls la prima foratura. A pochi chilometri il confine del Nord Rhodesia, a Livingstone, superano la dogana. Tutto procede bene, ma per poco. La pioggia trasforma le piste in corsi d'acqua, si scivola, la macchina sbanda di frequente, occorre guidare spesso con la trazione integrale inserita e di conseguenza le marce ridotte. In queste condizioni arrivano a Mufulira, confine con il Congo Belga (oggi Repubblica Democratica del Congo) con sette ore di ritardo rispetto al loro ruolino di marcia (3.860 i chilometri percorsi). Proseguono fino ad Elisabethville (oggi Lubumbashi). La macchina viene portata presso l'officina FIAT per la riparazione della gomma forata e l'ordinaria manutenzione (cambio olio ed ingrassaggio), Nel frattempo viene inviato un primo cablogramma alla FIAT di Torino così redatto: "...transitati Elisabethville con 40 ore di anticipo sul ruolino di marcia...". Riprendono il viaggio, sempre di notte, pioggia e fango provocano continui slittamenti.

 

 

Giovedi 24 gennaio 1952

Alle 17.00, raggiungono la base di Kabinda (5.263 chilometri percorsi). Breve sosta e di nuovo in viaggio, ancora di notte. Inizia la zona dei fiumi. In totale saranno sedici le traversate con i traghetti da Elisabethville.

 

Venerdi 25 gennaio 1952

Base di Stanleyville (oggi Kisangani) arrivano alle ore 19.00. Ancora manutenzione in officina. Non c'è possibilità di traghettare fino alle 6.00: i due piloti sono obbligati a riposare qualche ora mentre altri pensano alla vettura.

 

Sabato 26 gennaio 1952

Arrivano a Bangassu alle 22.00 (7.683 chilometri percorsi). Superata la dogana con il Congo entrano nell'Africa Equatoriale Francese (AEF) ora Repubblica Centraficana. Sono 1.350 chilometri infernali. Piste con profonde buche, temperatura fino a 55 gradi e difficoltà a reperire l'acqua.

 

Domenica 27 gennaio 1952

Ore 23.00, Fort Lamy (ora N'Djamena). Hanno viaggiato per 162 ore alla media di oltre 55 Km/h percorrendo 9.033 chilometri

 

Lunedi 28 gennaio 1952

Partono alle 4 del mattino, dopo tre ore di riposo, arrivano a Kano alle 19.00 (10.278 chilometri. percorsi). Non essendoci dogana e non potendo fare apporre i timbri sul carnet della vettura a riprova del passaggio, diciotto persone (tra cui molti italiani ed alcune autorità locali) sottoscrivono una dichiarazione per testimoniare il transito. Partiti ancora di notte, dopo 50 chilometri di asfalto entrano sulla pista. E' molto polverosa, c'è poca visibilità e rimangono immersi nel polverone per 45 chilometri fino a quando non sorpassano l'unico autocarro che li precedeva.

 

Martedi 29 gennaio 1952

Superata Zinder in Nigeria, la spedizione prosegue nella zona predesertica in direzione di Agades. Tutta sabbia e con piste quasi invisibili, ma si continua a viaggiare tutta la notte fino ad Agadez che viene raggiunta intorno alle 13.00.(11.020. chilometri percorsi). Racca si occupa della manutenzione ordinaria del veicolo che si protrae fino a tarda sera, quando ormai è già buio. I regolamenti locali vietano di viaggiare di notte, ma Racca e Butti decidono di rischiare e partire lo stesso. Tra mille difficoltà riescono finalmente ad arrivare all'oasi di In Quezzam. Sono da poco passate le 23.00 del 29 gennaio 1952 (11.510 chilometri percorsi.)

 

Mercoledi 30 gennaio 1952

Il comandante dell'oasi li trattiene per poche ore poi, sportivamente, li lascia ripartire un'ora prima dell'alba. Di giorno e senza il vento che solleva la polvere, nonostante la sabbia finissima che rallenta l'andatura, arrivano a Tamanrasset verso le 14.00 senza troppe difficoltà (11.960 chilometri percorsi). Ancora una dogana, ancora un altro pieno di benzina. La parte peggiore del deserto dovrebbe essere alle spalle, mancano "solo" poco più di 2.000 chilometri: il morale è alto. Alle 16,30 ripartono e verso le 23.00, dopo 420 chilometri raggiungono Arak (12.380 chilometri percorsi). Superato il villaggio devono attraversare un canale solitamente in secca o con poca acqua. Quando si trovano a metà la macchina comincia ad affondare poiché l'acqua è assai alta e la sabbia trasforma la pista in un pantano simile alle sabbie mobili. In breve tempo la Campagnola è in trappola. Il paese è vicino. Racca si avvia all'oasi più vicina per chiedere aiuto, ma è piena notte e nessuno si offre di andare a tirar fuori la macchina.

 

Giovedi 31 gennaio 1952

Si tolgono dai guai da soli: mettono sotto le ruote le tavole delle cassette dei ricambi, i cuscini, il materasso della brandina, vari indumenti e riescono a ripartire abbandonando, però, tutte quelle cose. Sono bagnati e infreddoliti, ma a bordo possono scaldarsi solo con il calore emanato dal tunnel del cambio perché la vettura non è provvista di impianto di riscaldamento. Sono ormai sulla pista che sale verso il massiccio dell'Ahaggar fino a 2.000 metri di altezza. Grossi massi sono rotolati sulla pista: li devono spostare a braccia e con l'uso di leve.

S'impantanano ancora una volta ma riescono a liberarsi sollevando la vettura e mettendo pietre sotto le ruote. Poco dopo trovano la strada sbarrata da un torrente formatosi con la pioggia. Esplorano a piedi cercando una via alternativa ma non la trovano. Tentano il guado con la macchina, ma a trenta metri dall'altra sponda la vettura sprofonda nuovamente come immersa nelle sabbie mobili: l'acqua sommerge lo spinterogeno e la Campagnola si arresta con il motore che non vuol saperne di ripartire. Butti ricorda di avere visto poco prima alcune capanne e va a cercare aiuto. E' un posto di tappa per le carovane di cammelli ma sfortunatamente quella sera c'è solo un custode che tuttavia si offre di aiutare i due italiani. Tornano al guado e si rendono subito conto che l'unica soluzione è quella di costruire due rampe di fortuna sulle quali far transitare il veicolo. Bisognerà anche sollevare la vettura, ma nel frattempo Butti accusa anche dei malori e non può aiutare il suo compagno. Racca aggiunge ai suoi problemi la preoccupazione per la salute di Butti. Il lavoro è lungo poiché si è costretti ad operare con l'acqua alla cintola, ma alla fine si riesce a sollevare la vettura grazie al martinetto e alle pietre poste sotto le ruote. Adesso la macchina è fuori dall'acqua, e sembra possa ripartire, ma i fari accesi per diverse ore a motore spento, hanno scaricato la batteria che non ha più la forza di far girare il motore. Alla fine, una volta asciugato il motore, la Campagnola riesce finalmente ad uscire dal guado appena in tempo mentre l'acqua stava di nuovo salendo pericolosamente. Alle 12.00 del 31 gennaio arrivano ad In Salah (12.770 chilometri percorsi). Qui li informano che fino a Fort Miribel (Hassi Chebaba) è tutto allagato. Ancora notizie negative. Il comandante dell'oasi fornisce loro una carta topografica che evidenzia i punti di passaggio più alti per evitare di impantanarsi nuovamente. Questa volta va bene: arrivano a Fort Mirabel e lo superano senza troppe difficoltà. Dopo 50 chilometri incontrano il furgone dell'assistenza trattori Fiat di Algeri (la Caman) venuto in avanscoperta poiché la spedizione era in ritardo. D'ora in avanti non ci saranno più difficoltà e, dopo un rifornimento di acqua e frutta, ripartono immediatamente. Il morale è alto e la velocità aumenta. Alle 19.00, è notte fonda quando arrivano all'oasi di El Golea (13.195 chilometri percorsi). Invitati a cena, dal comandante dell'oasi, che avevano conosciuto nel viaggio di andata, vengono festeggiati e il comandante stesso consegna a Butti la Croce del Genio Sahariano. Nel frattempo la macchina viene rifornita e, appena pronta, sono di nuovo in viaggio.

 

 

Venerdi 1 febbraio 1952

Sempre sulla pista di sabbia, arrivano alle 7.00 a Laghouat dopo 13.770 chilometri percorsi. La giornata è brutta e piovosa e mancano solo 450 chilometri ad Algeri. Il furgone della Fiat non riesce a tenere la loro velocità ed è rimasto indietro, ma poco più avanti si imbattono in Aldo Pennelli, l'operatore della INCOM, che va loro incontro per filmare l'ultimo tratto e l'arrivo. Li informa che sul Piccolo Atlante, prima di Algeri, è caduta abbondate neve ma, i trattori Fiat della Caman, hanno pulito tutta la strada. Ad Algeri le autorità i giornalisti ed il cronometrista dell'Automobile Club francese li attendono con una grande folla. Finalmente alle ore 12 54' 45" del 1 febbraio 1952 Racca e Butti tagliano il traguardo nella capitale algerina. Hanno compiuto l'intero percorso in 268 ore 54 minuti primi e 45 secondi pari a 11 giorni 4 ore 54' 45". E' la conquista del record, che batte di due giorni, 10 ore 51' quello precedente. Dalla partenza a Capetown hanno percorso in totale 14.193 chilometri rilevati dalle mappe allora esistenti mentre il contachilometri della Campagnola segna invece 15.256 chilometri.